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AMico mio
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Ho incontrato il tuo ramo che oscillava vicino al mio, e sentivo come fosse difficile sopportare il peso di certi venti
e il tuo ramo sentiva il mio
Ho incontrato le tue radici sottoterra, radici solitarie e dolenti, rattrappite nell'ombra del dolore
eppure quelle radici hanno sfiorato le mie, e le mie hanno riconosciuto le tue
Hai gettato nel mio vuoto un granello di terra ogni volta che quel vuoto rischiava di soffocarmi
e io ho gettato granelli di terra nel tuo vuoto ogni volta che quel vuoto rischiava di soffocarti
Ho raccolto le gocce che scorrevano dal tuo albero ferito
e tu hai raccolto le mie
Mi hai riconosciuta.
E io ho riconosciuto te.
A questo servono non solo una delle tue parole,
perché io (ri)conosca te, in me.
E tu in me.
Questo mi salva.
E ti salva.
[Perché il suo sguardo sa perforare il visibile e sprofondare sino al nucleo dove le parole stringono l’origine, la vita, assecondando il bisogno di cercare dentro di sé ciò che non è accaduto fuori.
Perché continua a perdersi nel suo sentimento oceanico alla ricerca continua di quell’isola che abiti il suo cuore.
Perché ho raccolto i pezzi della sua dignità, li ho riposti nelle mani e glieli ho restituiti, grata a lui per aver riconosciuto me, e per aver raccolto le mie lacrime impedendo così che si disperdessero.
Perché lui diventa ombra per entrare nell’ombra, e poter catturare la luce.
Perché le sue parole non sono (solo) gli appunti di un esploratore, né l’approdo di un viandante, ma elementi su cui tornare, frantumarsi e modificarsi nella propria fisionomia d’uomo come l’onda si trasforma nell’incontro con lo scoglio che la infrange.
Perché lui discorre verso se stesso, lungo la via più difficile, quella che percorre le proprie sofferenze per arrivare al fondo di queste.
Perché indosso le sue parole, e sono della mia taglia.]
E rimango seduta accanto a te, a sentirti parlare.
Aria
disegno di Aria