Qui le più fragili mie foglie, eppure quelle che dureranno più a lungo,
Qui velo e celo i miei pensieri che non mi piace rivelare,
Eppure essi mi rivelano più di ogni altra mia poesia.



Walt Whitman

UnderConstruction



Quando ho mangiato bene mi informo sul destino degli altri.

(pagina CulinAria, che non è una roba porno, ve lo dico:)

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sabato 18 dicembre 2010

.
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.
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Riflesso nello specchio
un corpo.
il volto segnato
dalla nostalgia.
sguardo opaco
affondato
in occhi bui.
labbra tremanti.
silenziose.

braccia chiuse.
nude.
le mani, vuote.
Seni piccoli,
duri,
tesi,
ansiosi.

La curva del ventre
nasconde una
voragine.
Ombre
colate a picco
su apparenze
arginate
tracimano all'interno
per non colpire
ignari bersagli.

Trattiene il respiro
per eludere i suoi occhi
sempre così
affilati
quando scava
se stessa.

 

Interroga la
luce
che il silenzio
inghiotte
dopo vaghe
risposte.
la tenebra l'avvolge
non la protegge
lei continua
a tagliarsi

incapace
di abbassare
lo sguardo

e di non vedersi.








Aria









17.1.2009 B.S.


sabato 11 dicembre 2010

Il cuore mio

.
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(...)
Senza direzione come nube
vuol vagare
in mezzo al cielo:
così passano i giorni e le notti,
vanno senza fermarsi
in alcuna riva:
il vento accarezzi il corpo,
il chiar di luna cada ai piedi.
(...)
Il mio cuore è come una nube,
vuole vagare in mezzo al cielo.
Aperti gli occhi verso la terra
vuol sorridere come l'alba.
Il sorriso s'unisce alle nubi,
il sorriso vaga per aria
(...)
Il mio cuore s'innalza in cielo
vuole fiorire come l'aurora.














("Desiderio" Rabindranath Tagore)
(versione integrale QUI)
.
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venerdì 3 dicembre 2010

il mio corpo

 eco

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Non ho mai avuto il culto del mio corpo. E' pur vero che vivo intensamente il mio corpo. Attraverso esso. Ho bisogno di toccare, di sentire con le dita la tessitura di un oggetto, le pulsazioni di una pelle, la frescura del mare. Ho bisogno di camminare a piedi nudi, sentire le venature del legno, affondare le dita nella sabbia. Ho bisogno di guardare. Dio! Divoro il mondo con gli occhi. Se guardo un albero lontano cerco di sentire le foglie tra le dita, e sento l'odore della corteccia. E ho bisogno di ascoltare. Quanti pomeriggi d'estate passati ad ascoltare il canto delle cicale nel mio giardino. Non ho il culto del mio corpo. Non mi importa se è bello. Ma è la mia voce. E ho sempre creduto fosse mio. Di più, ho creduto che il mio corpo fossi io. Che io fossi i miei occhi. E il mio sorriso. E le mie mani. Quando il mio corpo si è ammalato sono rimasta allibita. Si è ammalato senza senza avvisarmi. Da sé. Si è lasciato aggredire senza dirmi nulla. Può uccidermi il mio corpo! Come può farmi una cosa simile? E all'improvviso il mio corpo non è più mio. E' un estraneo. Non posso far nulla. Non è come decidere di aprire gli occhi e aprirli. Non è come decidere di toccarsi i capelli e toccarseli. Non è come decidere di correre e correre. Non è più mio. E così rimango sola. Senza il mio corpo che m'ha tradita. E la paura invade ogni poro. E' la paura di non sapere. Non sapere cosa accade dentro di te. Se il tuo corpo è ancora con te o ha deciso di abbandonarti. E ti manca l'aria. E non riesci più a guardare. A toccare. A respirare. Finché non ti accorgi che così anche tu ti abbandoni. E allora faticosamente ricominci. apri gli occhi e guardi, ti tocchi i capelli, corri....fino a quando? Non lo so. Mi curo. Guarisco. Mi controllo. Non so ciò che sarà domani. Faccio pace col mio corpo. Non posso far altro. Accettare la paura, e considerarla parte di me. Ho due braccia, due gambe, la pelle bianca, i capelli ramati, e la paura. La lascio scorrere sotto pelle. E vivo. Com'è bella quella nuvola bucata da un raggio di sole! E ho amato...e il mio corpo è stato di nuovo mio. Come è bello l'odore dell'amore, e le carezze dell'amore, e gli sguardi dell'amore, e la voce dell'amore. Sentire l'amore che mi attraversava la pelle, e mi penetrava fin nelle viscere. ogni parte di me ne era inebriata.  E il corpo è stato di nuovo mio.


Aria



09/03/2009


Grazie, Ana Muela, i regali inaspettati sono i più belli.


Bruna Verdone
Grazie per questo dono, la condivisione è l'anima del mondo.






venerdì 26 novembre 2010

navigare

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Ci sono correnti che è impossibile dominare

trascinano nel mare
della scoperta 

  dell’inimmaginato
    di battiti dimenticati

      di follie non appartenute
        di vertigini assiepate
          di ricordi non ancora vissuti


Sciogliere i nodi.

Navigare nell'amare






Aria


































lunedì 22 novembre 2010

civetteria

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          Una pelle tiepida e viva, sotto la quale scorreva un sangue caldo di passione; linee che avevano la precisione del marmo e l'ondulazione del flutto; un volto altero e impassibile, dove il rifiuto si univa alla seduzione, e che si compendiava in un fulgore; capelli colorati come da un riflesso d'incendio; una galanteria d'ornamento che aveva e dava il brivido della voluttà; la nudità appena accennata che tradiva lo sdegnoso desio d'esser posseduta a distanza dalla folla;  una civetteria inespugnabile; l'impenetrabile dotato di fascino; la tentazione assopita d'una intravista perdizione; una promessa ai sensi e una minaccia all'anima; una doppia ansietà: il desiderio e il timore. Egli aveva poco prima veduto tutto questo. Aveva poco prima veduto una donna.
          Aveva poco prima veduto più e meno di una donna, aveva veduto una femmina.

["L'uomo che ride" Victor Hugo]




Che cos'è la civetteria? Si potrebbe dire che è un comportamento che mira a suggerire la possibilità di un'intimità sessuale, senza che questa possibilità appaia mai una certezza. In altri termini: la civetteria è una promessa di coito non garantita.


["L'insostenibile leggerezza dell'essere" Milan Kundera]




martedì 16 novembre 2010

Ti sto baciando più lontano

.
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.
Ieri ti ho baciato sulle labbra.
Un bacio così corto
durato più di un lampo,
di un miracolo, più ancora.
                                       Il tempo
dopo averti baciato
non valeva più a nulla
ormai, a nulla
era valso prima.
Nel bacio il suo inizio e la sua fine.


Oggi sto baciando un bacio;
sono sola con le mie labbra.
Le poso
sul bacio che ieri ti ho dato,
sulle bocche unite
dal bacio che hanno baciato.
E dura, questo bacio
più del silenzio, della luce.
Perché io non bacio ora
né una carne né una bocca,
che scappa, che mi sfugge.
No.

Ti sto baciando più lontano.












["Ieri ti ho baciato sulle labbra"  Pedro Salinas]
vesione integrale e originale QUI


foto: da web 

mercoledì 10 novembre 2010

nastro autunnale

.
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.
.
.
L'eco delle tue parole

attraversa il mio corpo

come linfa raggiunge

ogni anfratto nascosto

ed è come abbracciare  le maree


recupero faticosamente

tutto ciò che ho vissuto

arrotolo promesse e speranze

desideri, doni e tutti i sogni

li lego con un nastro autunnale

e li conservo nel cuore





Aria













eco del 06/11/2008 B.S.




giovedì 4 novembre 2010

splash!

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Raccoglimi
come goccia
di languida
pioggia
che cade
e ti bacia

Accarezzami
come tiepida
brezza
che soffia
in un giorno
d'estate

Ascoltami
come suono
che corre libero
verso
i colori
del cielo

Portami
come un bacio
leggero
che segue
le rotte infinite
del cuore






























minchia..... non m'ha raccolta.....



martedì 2 novembre 2010

donne

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Quando Baltasar entra in casa, sente il parlottare che viene dalla cucina, è la voce della madre, la voce di Blimunda, ora l'una, ora l'altra, appena si conoscono e hanno tanto da dire, è la grande, interminabile conversazione delle donne, sembra cosa da niente, questo pensano gli uomini, neppure loro immaginano che è questa conversazione che trattiene il mondo nella sua orbita, se non ci fossero le donne che si parlano tra loro, gli uomini avrebbero già perso il senso della casa e del pianeta, (...)



[“Memoriale del convento” José Saramago]
altri frammenti QUI







"Adoro la canzone che ti ho mandato e penso che ti somigli molto, perché per natura sei sorriso, allegria, consolazione e speranza.
Perchè le donne, ma tu in somma misura, sono Remedios per l'umanità, sono tessitrici, cucitrici, rammendatrici di tutto ciò che è lacerazione: sono il contrario della guerra. Sono Penelope, ma anche Aracne e Calipso, e nella loro tela sanno sempre e comunque trovare...remedios.
Stasera ti racconto una bella storia
Baci Baci
C."
(regalo ricevuto da un'amica, da una donna)




immagine: Burne Jones "The Three Graces"

venerdì 29 ottobre 2010

orli

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.
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La mia mente sentii fendersi -

come se il mio cervello si fosse spaccato -

Cercai di ricongiungere i due orli -

ma non riuscivo a farli combaciare.













I felt a Cleaving in my Mind -
As if my Brain had split -
I tried to match it - Seam by Seam -
But could not make them fit -









(frammento di Poem: 937. I felt a Cleaving in my Mind - Emily Dickinson)
versione originale e integrale qui








venerdì 22 ottobre 2010

Le tue parole

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AMico mio
.
.
.
.
Ho incontrato il tuo ramo che oscillava vicino al mio, e sentivo come fosse difficile sopportare il peso di certi venti
e il tuo ramo sentiva il mio

Ho incontrato le tue radici sottoterra, radici solitarie e dolenti, rattrappite nell'ombra del dolore
eppure quelle radici hanno sfiorato le mie, e le mie hanno riconosciuto le tue

Hai gettato nel mio vuoto un granello di terra ogni volta che quel vuoto rischiava di soffocarmi
e io ho gettato granelli di terra nel tuo vuoto ogni volta che quel vuoto rischiava di soffocarti

Ho raccolto le gocce che scorrevano dal tuo albero ferito
e tu hai raccolto le mie

Mi hai riconosciuta.

E io ho riconosciuto te.

A questo servono non solo una delle tue parole,
perché io (ri)conosca te, in me.

E tu in me.

Questo mi salva.

E ti salva.















[Perché il suo sguardo sa perforare il visibile e sprofondare sino al nucleo dove le parole stringono l’origine, la vita, assecondando il bisogno di cercare dentro di sé ciò che non è accaduto fuori.

Perché continua a perdersi nel suo sentimento oceanico alla ricerca continua di quell’isola che abiti il suo cuore.

Perché ho raccolto i pezzi della sua dignità, li ho riposti nelle mani e glieli ho restituiti, grata a lui per aver riconosciuto me, e per aver raccolto le mie lacrime impedendo così che si disperdessero.

Perché lui diventa ombra per entrare nell’ombra, e poter catturare la luce.

Perché le sue parole non sono (solo) gli appunti di un esploratore, né l’approdo di un viandante, ma elementi su cui tornare, frantumarsi e modificarsi nella propria fisionomia d’uomo come l’onda si trasforma nell’incontro con lo scoglio che la infrange.

Perché lui discorre verso se stesso, lungo la via più difficile, quella che percorre le proprie sofferenze per arrivare al fondo di queste.

Perché indosso le sue parole, e sono della mia taglia.]



E rimango seduta accanto a te, a sentirti parlare.


Aria
disegno di Aria

lunedì 18 ottobre 2010

a puà

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sono tutta piena di lentiggini, direi che sono una donna a pois, proprio come una coccinella
sono piena di lentiggini, una donna a pois come una  coccinella
sono una donna a pois come una coccinella
sono a pois come una coccinella
sono come una coccinella
sono una coccinella
coccinella





Aria



















eco del 28/06/2007 M.M.





foto dal web

giovedì 14 ottobre 2010

Sveglia

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"In questo paese la gente non apprezza il mattino. Si fanno svegliare di prepotenza da una sveglia che spezza il sonno come un colpo di scure e si abbandonano subito a una fretta funesta. Mi dica lei come può andare una giornata che comincia con un simile atto di violenza! Cosa può esserne di persone che giornalmente ricevono, per mezzo di una sveglia, un piccolo elettroshock? Ogni giorno che passa si abituano alla violenza e disapprendono il piacere. Mi creda, è il mattino che decide del temperamento di un uomo".



[“Il valzer degli addii”  Milan Kundera]


...e anche di una donna.






I
o

s
o
n
o

a
l
l
e
r
g
i
c
a

a
l

m
a
t
t
i
n
o
.

oh!





altri frammenti di "Il valzer degli addii" QUI




lunedì 11 ottobre 2010

Tutto

.
.
.
.
.
.
Tutto -

una parola sfrontata e gonfia di boria.

Andrebbe scritta fra virgolette.

Finge di non tralasciare nulla,

di concentrare, includere, contenere e avere.

E invece è soltanto

un brandello di bufera.







(“Tutto”  – Wisława Szymborska)





















 

foto dal web

lunedì 4 ottobre 2010

dried

.
.
.

Qualche giorno fa facevo pulizia fra i vecchi libri di scuola e, sfogliando un vecchio grosso dizionario,  ho trovato un papavero fra le pagine. La memoria, la mia anarchica memoria,  ha cominciato un viaggio indietro nel tempo, tanto indietro, tanto tempo. Era una cosa che facevo spesso, seccare i fiori selvatici, soprattutto papaveri e margheritine, i fiori di camomilla. Fra le pagine dei libri. Amo i papaveri, fiori apparentementi delicati, bellissimi,  nelle campagne del mio paese d'estate disegnano tappeti infiniti di rosso. Si piegano al vento, resistono alla calura e al tempo. Ho trovato il mio papavero intero, sottilissimo, rosso scuro, il gambo ancora pieno di pelucchi. E' stata una sorpresa. Appena l'ho visto mi ha travolta una cascata di ricordi cristallini, allegri e pieni di risate. Ricordo che quel giorno, come accadeva spesso, ero con le mie amiche in giro in bicicletta. Andavamo a raccogliere le more. Quante ce n'erano! more nere e rosse, enormi e dolci. Le mangiavamo sedute sul marciapiede, tuffate (le more, dico) nella panna montata, nelle risa, nelle chiacchiere e nelle burle, il nostro gioco preferito. Un papavero così fragile e delicato è stato capace di regalarmi, dopo oltre 30 anni, una giornata intera di meraviglia.
Traccia di quel passato leggero e tenero, spensierato e giovane, che ha forgiato il mio sorriso. Ho ricordato dove è nato il mio sorriso. E l'ho lasciato lì, il papavero... nelle pagine del dizionario. Ora so dove cercarlo quando farò fatica a riconoscere la meraviglia.






imprigionato nel tempo
nel suo tempo
in quell'istante che rimane puro e intenso come i petali trasparenti
ancora chiusi a custodire
ciò che è stato






Aria



disegno di Aria

mercoledì 29 settembre 2010

...

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una ferita alla radice

un lieve tremore alla punta

una caduta improvvisa ma prevista

non in quel tempo
non in quel luogo
non in quel modo

così lontana da quell'albero

spazzata via da bianche pale

che girano apparentemente

innocue





Aria





23.09.2008











lunedì 27 settembre 2010

Invidioso

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(...)




          Un io feroce: l'invidioso è tutto qui.
           Altre qualità: Barkilphedro era discreto, riservato, fattivo. Teneva tutto per sé, e si rodeva nel suo odio. Una enorme bassezza d'animo comporta una enorme vanità. Era amato da coloro che egli divertiva, e odiato dagli altri; ma si sentiva disprezzato e da chi lo odiava e da chi lo amava. Egli si frenava. Tutti i suoi rancori bollivano senza far rumore nella sua rassegnazione ostile. Era indignato, come se i bricconi ne avessero diritto. Era silenziosamente in preda alle furie. Mandar giù tutto, era la sua abilità. Aveva sordi crucci interiori, frenesie di rabbia sotterranea, fiamme covate e nere, di cui nessuno si accorgeva; era un collerico fumivoro. La superficie sorrideva. Era cortese, premuroso, docile, amabile, compiacente. Non importa chi, e non importa dove, lui, salutava. Bastava un soffio di vento a farlo inchinare fino a terra. Avere un giunco nella colonna vertebrale, che fonte di fortuna!
          Questi esseri nascosti e velenosi non sono tanto rari come si può credere. Noi viviamo circondati da strisciamenti sinistri. Perché esistono i malvagi? Questione dolorosa. Chi medita se la pone continuamente, e chi pensa non la risolve mai. Di qui l'occhio triste dei filosofi sempre fisso a questa montagna di tenebre che è il destino, e dall'alto della quale il colossale spettro del male lascia cadere a terra serpenti a piene mani.

(...)

["L'uomo che ride" Victor Hugo]
























immagine: Hamada Chimei

mercoledì 22 settembre 2010

Vale

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Ognuno nel suo sacco più nascosto ha serbato

i gioielli perduti del ricordo,

amore intenso, notti segrete o baci permanenti,

il pezzo di gioia pubblica o privata.
.
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.
.
.
.
.


Per me la gioia fu condividere cantando,

elogiando, imprecando, piangendo con mille occhi.
























(frammento n. XVI di "Un giorno ancora" - Pablo Neruda)
vesione originale e integrale QUI



Grazie, Valerio, mio bellissimo ragazzo.
Sì, lo prendo come un bacio.
Vorrei incontrare ancora  i tuoi occhi di cielo e di mare
vorrei abbracciarmi nel tuo sorriso
e riempirmi della gioia di te.

sabato 12 giugno 2010

Oggi, mare, sei il mio cuore

           E c'è il mare, che l'estate inquieta e placa. E la frescura delle onde che di colpo s'induriscono e coprono di indolenti fili d'acqua le lunghe sabbie ardenti. E l'ombra di un canneto abbandonato che disegna al suolo il lento passo delle ore luminose. Tutto ciò ha senso se sotto il sole e sulla sabbia, e dentro l'acqua, e proiettato nella nitida trasparenza della distanza, il corpo è accompagnato dall'uguale certezza che lo riflette e sublima.
(...)      In questi giorni di fuoco è necessario essere di fuoco. L'estate è un corpo di donna che avanza come polena, fiamma che rompe le fiamme. Ha in mano gli innumerevoli fiori che resistono al tempo. Trasporta con sé un segreto di vita che corre sulle onde del mare, sulle cime rumorose degli alberi, tra la soffice lanugine che riveste l'incavo delle ali degli uccelli. L'estate canta trionfale. E' un grido di giubilo lanciato verso i misteri minacciosi. E diviene un mormorio dentro le notti scure e profumate, quando una lieve e tiepida brezza giunta dalle arche dell'orizzonte passa sul volto come un'imponderabile carezza di mani amate.
            Canto l'estate che mi canta. E giro lentamente il corpo in questo spazio come un figlio del sole, mentre il mare risplende. Pianto i piedi nella sabbia che ubriaca e colgo con le mani avide i frutti più alti. E' tempo loro. Mi distendo lungo sulla barca portata dalla corrente e vedo passare rami verdi, bianche nubi, cieli di azzurro e perla, uccelli prodigiosi.
             Cade su di me una profonda e dolorosa allegria: verrà l'inverno, ma oggi è estate.

["L'estate" / Di questo mondo e degli altri - José Saramago]



Oggi, mare, sei il mio cuore 
e io  ti creo  col mio ricordo avido e dirompente, mentre ti guardo e ti raggiungo.

Un'onda  immediata e franante raccoglie  il cielo azzurro
scava dall'orizzonte e dirompe sino alla riva
discioglie il colore sulla sabbia e prova a dipingermi i piedi di
blu
 Passa e riparte, torna, ritenta,  in un incessante susseguirsi di palpiti uguali al cuore di ogni giorno
 movimento perpetuo, costante mutamento, perenne contraddizione.
Guardare il mare fa male agli occhi cambia al sole di volta in volta concavo e convesso
 ricorda una lamina metallica di mille tonalità
diverse
 Zampilli sfrangiati come fili lucenti  tentano di legare colori che  non si sono ancora posati in alcun luogo
e come foglie di luce si disperdono nel vento
L'azzurro si stempera nelle mani e fugge le mie dita impaziente di tuffarsi negli abissi e tornare carico di canti
profumati.
Seguo un'onda fremente e sognante che ha inzuppato la mia pelle di baci, mi abbandono alle liquide mani del mare,
i capelli si distendono nel verde smeraldo,  i piedi continuano ad avanzare pigramente sulla sabbia,
l'acqua mi scivola sul collo titillandolo con morbide carezze risale sul mento, gorgheggia nelle orecchie, mi bacia le 
 labbra
lo sguardo cattura una nuvola candida che  nuota nel cielo fluido
La pelle si imbeve di suono umido, gli occhi si tingono di vento,i pensieri si disperdono nel nulla come
frammenti di aria.
Con quale sottile piacere il mare si impossessa di me! Regalandomi l'illusione che sia io, a possedere
lui.
Chiudo gli occhi e mi lascio naufragare nella bellezza.
Resto fuori da ogni cosa, ora che sono dentro ogni cosa.
Non c'è più posto per le parole.
Oggi il mio cuore è il mare.

Aria



Vado a prenderti il mare
dove il mare è più blu
chiuso nel palmo delle mani
così che tu possa vedere
i miei mille volti
così che tu possa scoprire
il mio vero nome
così che tu possa leggere
nel mio cuore
.
Aria

eco del 21/11/2007




E quando sarò andata, andata via,

il mio canto potrà forse restare

per poco, come l'onda nella scia

dopo che s'è perduta in alto mare.








Ci rivediamo a settembre.
Un bacio agli amici.
Un sorriso a chi passa.
Aria

foto: Elena Kalis


lunedì 7 giugno 2010

...

.
.

.

.

.

.
Ascolto
il suono
del vento
vibra
una
melodia

sono
i sogni
che oscillano?

Potente
e
libero
ondeggia
nei capelli
e sussurra
il segreto
delle nostre
parole

parole,
come fiati
di vento.





Aria  









17/01/2008






foto: Sarah Moon

giovedì 3 giugno 2010

un altro cuore

.

.
.




Sono una grande smemorata e distratta, vagolo spesso nei miei pensieri attraversando la gente che mi parla, i doveri che mi impone la quotidianità, e spesso anche la strada senza guardare di qua e di là. Così un giorno la mia amica C. mi prestò un libro di Borges, e mi consigliò di leggere la storia di Ireneo Funes, un uomo che una caduta da cavallo condannò a ricordare tutto, a non dimenticare nulla. Era un libro appartenuto a suo suocero, uomo di grande cultura, edito nel 1967  (il libro, non suo suocero),  pieno di fascino (sia il libro che suo suocero). Mi piace leggere sulla carta, toccare le parole, saltare le pagine, tornarci su, sottolineare un rigo, fare un orecchietta ad una pagina su cui già so che vorrò tornare. E, proprio per questa ragione, di solito preferisco che i libri siano miei, e nuovi. Quel libro mi ammaliò. Oltre al fascino di Borges vi era il fascino delle mani e dei pensieri di chi aveva amato quel libro. Era pieno di sottolineature e note a margine, piccole annotazioni a matita  scritte con grafia elegante, un po' curva, tratti decisi e allungati, ma chiari. Ho trattato quel libro con delicatezza e rispetto, e anche con una certa timidezza.. come entrassi, ogni volta che ne sfogliavo le pagine, in casa di qualcuno senza chiedere permesso. E l'ho amato. Ho amato quelle pagine ingiallite appartenute ad un altro mondo, ad un altro cuore.
Aria














(...)

Mi disse che prima di quella sera piovosa in cui il focoso alipede lo revesciò, egli era stato quello che sono tutti i cristiani: un cieco, un sordo, uno stordito, uno smemorato. Diciannove anni aveva vissuto come uno che sogna: guardava senza vedere, udiva senza sentire, dimenticava tutto, quasi tutto. Nel cadere aveva perduto conoscenza; quando la recuperò, il presente era quasi insostenibile tanto era ricco e nitido, e anche i più antichi e più comuni ricordi.

(...)





Pensare è dimenticare le differenze, è generalizzare, è astrarre.

(...)





Altri frammenti di "Funes, la memoria in persona" Jorge Luis Borges, QUI
foto: Azram

venerdì 28 maggio 2010

:

.
.
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.
.
.
.
.
mi
lasciai
bruciare
la pelle
per
rinfrescarmi
i
pensieri
.
.
rimasi
nel
silenzio
per
cantare
una
canzone
d'amore
.
.
mi
avvolsi
di
solitudine
per
godere
la
compagnia
di
te
.
.







Aria


















martedì 25 maggio 2010

Oh

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.
.
.
.
.
.
.
.
Oh essere anche noi la luna di qualcuno!

Noi che guardiamo

essere guardati, luccicare

sembrare da lontano

la candida luna

che non siamo.




(Vivian Lamarque)

lunedì 17 maggio 2010

E mi sento a casa

piccola mail d'estate







Sono fuori in giardino ho lavato i capelli aspetto che asciughino mentre leggo il mio amato e trascurato Saramago, oggi c'è una tramontana fortissima il mare è incazzato, meglio evitare di fargli domande oggi .
La mia casina estiva  è in un villaggio turistico immerso in un uliveto e il mio piccolo giardino confina con la campagna vicina. È pieno di cicale. Migliaia milioni miliardi di cicale che cantano. E io anche. Canto con le cicale. In silenzio, io. Loro no, cantano sempre senza sosta dall'alba al tramonto, ché poi attaccano i grilli. Il coro è stereofonico,  senti il canto da ogni angolo. C'è chi non le sopporta. Da mane a sera un cicaleccio senza interruzione. Io lo amo invece. Il canto delle cicale. Sembra una nenia ma solo ad un orecchio distratto. Invece è una sinfonia. Con cali di tono, cambi di ritmo, pause improvvise. E assoli! Gli assoli m'incantano. Il coro abbassa la voce lentamente e all'improvviso si eleva una voce sola! Il tempo di affermare la propria individualità poi il coro la raggiunge, con la stessa lentezza con cui la aveva resa protagonista. Sai caro,  appena mi alzo la mattina esco fuori e ci rimango il tempo della colazione prima che la quotidianità mi ingoi. E mi sento a casa. Le cicale e io :)


luglio /2008
foto in alto: Monica Iorio
foto in basso: dal web

venerdì 14 maggio 2010

Canti nuovi

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Dice la sera: "Ho una gran sete d'ombra!"
Dice la luna: "Io ho sete di stelle!"
La fonte cristallina chiede labbra
ed il vento sospiri.

Io ho sete di profumi e di risate.
Sete di canti nuovi
senza luna né gigli,
e senza amori morti.

Un canto mattutino che increspi
i ristagni tranquilli
dell'avvenire. E riempia di speranza
le sue onde e i suoi fanghi.



















("Canti nuovi" Federico García Lorca)
versione integrale e originale





foto: Alaya Gadeh

martedì 11 maggio 2010

tutt'e due le cose

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In te c'è qualcosa di molto commovente, - gli sussurrò lei, - quando stai per perdere il controllo -. Era molto commovente, per lei, gli disse, quest'uomo così controllato, buono, gentile, ben educato, un uomo così misurato, che aveva saputo tenere a freno la sua terribile forza e che non aveva, dentro, la minima violenza, quando superava il punto di non ritorno, quando veniva il momento in cui nessuno prova più il minimo imbarazzo, quando era andato troppo il là per poterla giudicare o per pensare che in qualche modo era una cattiva ragazza perché lo voleva quanto allora lei lo voleva da lui, quando lui lo voleva e basta, in quegli ultimi tre o quattro minuti culminanti in uno stridulo orgasmo...
- Mi fa sentire così femminile, - gli disse,
 - mi fa sentire così potente... mi fa sentire tutt'e due le cose.

["Pastorale americana" Philip Roth]



























nota

I post etichettati col tag "echi" sono ritorni di parole, ripubblicazioni di pensieri posati nel tempo andato in due blog sul portale di Libero (che non ho cancellato nonostante li ritenga finiti). Per ragioni ogni volta diverse ho voglia di sentire l'eco di quel passato, qui.

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Lettori fissi





Cara, amica mia cara,
ciò che riceverai sono oggetti da riempire, come lo è la vita d'altronde. Riempire con le tue scintille di bellezza che assomigliano un po' alle mie - altrimenti perché saremmo amici? continua

infiniti cristalli, brandelli di trasparenze raccolti ai bordi di un'anima fragile, se frugo in me non trovo che questo: frammenti di aria.

passato prossimo

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